Rischiose per l’ambiente e per la salute, le emissioni fuggitive sono fuoriuscite indesiderate di gas provenienti dai componenti di impianti industriali. Esse possono comportare rischi per la sicurezza dell’impianto e per la salute dei lavoratori, possono provocare danni ambientali e causare sprechi dal notevole impatto economico. Le emissioni fuggitive sono molto difficili da identificare, poiché non visibili ad occhio nudo. Di conseguenza, esse richiedono una specifica tecnologia di identificazione e monitoraggio, che consenta di individuare il problema e di intervenire in modo tempestivo per la sua risoluzione.
Definizione di emissioni fuggitive e della soglia di intervento
Le emissioni fuggitive sono dovute sia all’usura fisiologica sia al montaggio errato o non accurato dei componenti e la loro concentrazione nell’ambiente può variare da livelli non rilevabili fino a livelli molto elevati. Si rende quindi necessaria la definizione di una soglia di intervento.
La regolamentazione attualmente in vigore identifica tale soglia con una emissione fuggitiva superiore a 10.000 ppmvolume espressi in metano.
Da sottolineare che alcune aziende italiane tendono ad adottare soglie di intervento inferiori per quelle sostanze che risultano particolarmente dannose per la salute (sostanze cancerogene).
Monitoraggio delle emissioni fuggitive: vantaggi
Se trascurata, un’emissione fuggitiva può trasformarsi in una fonte di rischio per la salute e per la sicurezza degli operatori d’impianto e della popolazione limitrofa.
Una campagna di monitoraggio di emissioni fuggitive LDAR, incentrata sulla ricerca delle sorgenti emissive e sulla pronta riparazione delle stesse, garantisce quindi svariati vantaggi in termini di:
- salute – diminuzione di problemi immediati e/o futuri causati dall’inalazione dei gas;
- sicurezza – diminuendo di molto il rischio di incendi o esplosioni:
- preservazione dell’ambiente – diminuzione dei gas inquinanti emessi in atmosfera;
- risparmio per le aziende di settore – diminuendo la perdita di prodotto e dei composti utilizzati per la produzione, con conseguente riduzione dei costi.
Le tecnologie utilizzate per il monitoraggio VOC
Per monitorare le emissioni fuggitive negli impianti si ricorre solitamente a due possibili tecnologie: il detector a ionizzazione di fiamma (FID) ed il detector a foto-ionizzazione (PID). Entrambe le tipologie vengono utilizzate per la misurazione strumentale delle perdite di composti organici volatili (VOC) degli impianti industriali e in generale ovunque esistano componenti all’interno dei quali scorre un fluido (in forma liquida o gassosa e a diverse temperature) e che possono essere soggetti a perdite. Tuttavia l’esperienza da noi maturata in campo evidenzia notevoli differenze nella comparazione dei risultati ottenuti dai due strumenti.
In particolare, i dati dimostrano che per il monitoraggio delle emissioni fuggitive dei VOC, il FID è la migliore soluzione in termini di qualità e robustezza di misurazione.
La tecnologia a fiamma che lo caratterizza è meno soggetta a interferenze e rileva un quantitativo maggiore di VOC rispetto alla tecnologia a lampada UV del PID.
D’altra parte il FID, a differenza del PID, presenta alcuni svantaggi:
- ad oggi non possiede una certificazione ATEX (normativa europea per l’utilizzo di strumentazione in atmosfera potenzialmente esplosiva) ma solo l’equivalente certificazione americana Ex (Explosion Proof)
- necessita del combustibile per la fiamma, l’idrogeno.
- ha un costo molto superiore sia per l’acquisto che per l’utilizzo/mantenimento.

PID – Detector a foto-ionizzazione

FID – Detector a ionizzazione di fiamma
Quali sono le evidenze sperimentali alla base della differenza tra il FID ed il PID?
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